Questa sera, la luna è uno spicchio di luce verticale. Gli occhi di chi ancora guarda il cielo la puntellano ai lati, così che resti dritta, impalata sopra quella fitta trama di buio e di stelle, senza cadere mai. Come quando provi a camminare sulla punta dei piedi e le mani cercano, istintivamente, librerie e tavoli e credenze cui aggrapparsi.
E' un sorriso messo strano, la luna, questa sera. Ti è caduto dentro qualche tempo fa, e ci è rimasto.
Lui ha dimenticato di portarselo via quando se n'è andato. Si è preso tutto: il tuo meglio, il tuo peggio, il tuo insomma. Ma quel sorriso no, se l'è scordato. Così lei, di lui, oggi ha la storia di un sorriso cui mancherà sempre un angolo, una minuscola punta di preziosissima verità.
Qualche volta te lo domandi. Ti chiedi se quel sorriso dimenticato non sia invece una scusa, il pretesto che lui ha scelto di lasciarsi alle spalle per poi poter tornare.
Perciò, questa sera, vorresti che guardasse la luna, come stai facendo tu. E, ricordandosi di quel suo sorriso abbandonato dentro le tue costole, venisse a riprenderselo, portandosi appresso tutto il pezzo che manca.
Stanotte, la luna è la lama pungente di un ricordo.
Come quando provi a camminare sulle punte, e le mani cercano a tentoni i mobili intorno ma non trovano nulla.
Allora tu cadi.
Antonia Storace
mercoledì 22 luglio 2015
lunedì 20 luglio 2015
Ieri mattina, bloccata nel traffico della Costiera Amalfitana - in direzione de La Feltrinelli di Salerno - in radio passava la canzone Grand'Uomo di Claudio Baglioni, nel verso che fa: "Ma ti giuro che, io sarò qualcuno e griderò al futuro il vento che c'è in me. Come è vero che c'è più tra zero e uno, che non tra uno e cento, ed uno è quello che ai carri chiude il passo, fa stramazzare il fiato, la morte porta a spasso
e io chi sono stato per essere un grand'uomo. La fantasia è dove non c'è
l'ipocrisia della realtà, e quel che dai di te mai niente te lo porterà più via. La poesia è come un'idea, non cerca verità la crea. E se non credi sempre in me fa che io creda sempre in te...".
Era la tua canzone, la canzone di chi, qualche anno fa, è diventato un pezzo di cielo incastrato nel tetto del mondo.
Quando l'ho sentita, ho capito che sarebbe andato tutto bene. Che tu c'eri, anche se non potevo toccarti. C'erano le Aquile, il profilo pulito delle loro ali possenti quando si stagliano in volo. Avrei alzato gli occhi in prossimità del sole e ti avrei visto, perché la poesia beffa la morte e fa eterna la vita.
Per questo scrivo.
Ci sono giorni in cui il mondo indossa il vestito buono della domenica e da il meglio di sé. Così è stato questo fine settimana, all'associazione SpazioDonna di Salerno. Un centro di accoglienza per chi ha incontrato l'uomo nero dell'amore, ci ha vissuto insieme per un po' e, dopo avergli detto addio, si è rimessa in piedi, dritta e tesa come un fuso.
Certe storie sono mostri travestiti. Certe donne sono bellissimi guerrieri.
Certe storie sono mostri travestiti. Certe donne sono luoghi bagnati dalla luce, ed una parete di gelsomini ad affondarci dentro il naso.
Certe storie sono mostri travestiti. Certe donne sono teste fine, scalatrici di sogni, lucidissime visionarie e costruttori di nuovi mondi possibili.
Quando le seconde incontrano i primi, non c'è partita: i mostri perdono.
Quando certe donne - che sono guerriere e luoghi, teste fine, lucide visionarie e costruttori di mondi - incontrano i mostri, ed il gioco perverso di chi ti vuole piccola ad ogni costo, questi affogano dentro il mare piallato della loro squallida dis-umanità. Li inghiotte l'abisso e la terra si rifiuta di sputarli fuori. Perché davanti a certe donne, c'è solo da tacere ed applaudire.
Dopo questo fine settimana, ogni volta che un dolore nuovo proverà a varcare il confine dei miei giorni, farò come mi ha suggerito la mia amica Rita: chiuderò gli occhi, visualizzerò quel dolore e, con la mente, immaginerò di dargli un bel calcio in culo.
Alla fine, avrò scansato il male e rassodato le cosce.
Antonia Storace
e io chi sono stato per essere un grand'uomo. La fantasia è dove non c'è
l'ipocrisia della realtà, e quel che dai di te mai niente te lo porterà più via. La poesia è come un'idea, non cerca verità la crea. E se non credi sempre in me fa che io creda sempre in te...".
Era la tua canzone, la canzone di chi, qualche anno fa, è diventato un pezzo di cielo incastrato nel tetto del mondo.
Quando l'ho sentita, ho capito che sarebbe andato tutto bene. Che tu c'eri, anche se non potevo toccarti. C'erano le Aquile, il profilo pulito delle loro ali possenti quando si stagliano in volo. Avrei alzato gli occhi in prossimità del sole e ti avrei visto, perché la poesia beffa la morte e fa eterna la vita.
Per questo scrivo.
Ci sono giorni in cui il mondo indossa il vestito buono della domenica e da il meglio di sé. Così è stato questo fine settimana, all'associazione SpazioDonna di Salerno. Un centro di accoglienza per chi ha incontrato l'uomo nero dell'amore, ci ha vissuto insieme per un po' e, dopo avergli detto addio, si è rimessa in piedi, dritta e tesa come un fuso.
Certe storie sono mostri travestiti. Certe donne sono bellissimi guerrieri.
Certe storie sono mostri travestiti. Certe donne sono luoghi bagnati dalla luce, ed una parete di gelsomini ad affondarci dentro il naso.
Certe storie sono mostri travestiti. Certe donne sono teste fine, scalatrici di sogni, lucidissime visionarie e costruttori di nuovi mondi possibili.
Quando le seconde incontrano i primi, non c'è partita: i mostri perdono.
Quando certe donne - che sono guerriere e luoghi, teste fine, lucide visionarie e costruttori di mondi - incontrano i mostri, ed il gioco perverso di chi ti vuole piccola ad ogni costo, questi affogano dentro il mare piallato della loro squallida dis-umanità. Li inghiotte l'abisso e la terra si rifiuta di sputarli fuori. Perché davanti a certe donne, c'è solo da tacere ed applaudire.
Dopo questo fine settimana, ogni volta che un dolore nuovo proverà a varcare il confine dei miei giorni, farò come mi ha suggerito la mia amica Rita: chiuderò gli occhi, visualizzerò quel dolore e, con la mente, immaginerò di dargli un bel calcio in culo.
Alla fine, avrò scansato il male e rassodato le cosce.
Antonia Storace
mercoledì 15 luglio 2015
Ho incontrato Sherlock Holmes e la sua ombra antica. Con vecchi trucchi da investigatore navigato, ho ingigantito all'occhio le rotondità del cuore: ho così scoperto che, in quel piccolo pugno chiuso, ci sono conche e ci sono spigoli, per accogliere e per combattere.
Ho cercato Julia Roberts e Hugh Grant a Notting Hill ed ho capito che l'amore, qualche volta, è una piccola porta blu che resta chiusa. Il passato non vale più di una calamita dozzinale sul frigo verde acido di una cucina hi-tech. Se cade, e si rompe, è meglio.
Ho chiesto aiuto a J.K. Rowling, ad Harry Potter, alla saggia barba del potentissimo Silente. Mi hanno detto che la magia abita in ciascuno di noi: si chiama intuito.
Mi è parso chiaro che ogni storia è un'opera teatrale ed ognuna ha il suo fantasma ad infestarle il sonno: amori disastrati e disastrosi; fallimenti scomodi come scarpe troppo strette; ritardi accumulati sulla vita e i suoi traguardi.
Si. L'amore esiste, ma va lavorato ai fianchi. Nessuna storia nasce perfetta e nemmeno, con gli anni, lo diventa.
Diffidate da chi si vende per più di quel che è: piedi intrecciati sopra letti sfatti; fiori impalati dentro i vasi; luci di candela e calici di vino. Probabilmente, nel letto sfatto ci è passato qualche amante; l'acqua dentro i vasi puzza di marcio da giorni; le candele sono poco più che mozziconi di cera riciclati.
La sfida delle sfide è amare qualcuno così com'è.
La parola "difetto" viene dal latino, "difectus". Significa "mancanza". E le mancanze vanno riempite. Non cambiate. Sono piccoli buchi del cuore da colmare con altro cuore. Farlo spetterebbe a noi.
Ma farcire d'amore quelle umane manchevolezze è un fine lavoro di travaso. Significa darsi, spendersi ben oltre la sufficienza in un mondo in cui l'amore è un sei politico in pagella e la mediocrità una scelta comoda.
Cambiare no. Cambiare, chissà perché, spetta sempre all'altro. "Cambiare" è un verbo più facile di "riempire".
Così facile che, talvolta, non si sceglie il tipo di persona con cui stare, ma il tipo di storia in cui impegnarsi. Ecco perché donne intelligenti, donne fuori dal comune, donne capaci di amare di un amore bello e tondo, come la luna quando è piena e senza sconti, restano fregate, a vantaggio di fanciulle più... semplici. Per così dire.
Le prime sono storie in cui entrare con tutte e due le scarpe e tutte e due le palle. Per le seconde, invece, ne basta pure mezza. E a volte manco quella.
Certe storie sono rosso fuoco. Altre rosa pallido. Nell'evoluzione delle cromie, un sacco di gente si perde.
Perciò si, l'amore esiste. Ma non è roba per tutti.
Antonia Storace
Ho cercato Julia Roberts e Hugh Grant a Notting Hill ed ho capito che l'amore, qualche volta, è una piccola porta blu che resta chiusa. Il passato non vale più di una calamita dozzinale sul frigo verde acido di una cucina hi-tech. Se cade, e si rompe, è meglio.
Ho chiesto aiuto a J.K. Rowling, ad Harry Potter, alla saggia barba del potentissimo Silente. Mi hanno detto che la magia abita in ciascuno di noi: si chiama intuito.
Mi è parso chiaro che ogni storia è un'opera teatrale ed ognuna ha il suo fantasma ad infestarle il sonno: amori disastrati e disastrosi; fallimenti scomodi come scarpe troppo strette; ritardi accumulati sulla vita e i suoi traguardi.
Si. L'amore esiste, ma va lavorato ai fianchi. Nessuna storia nasce perfetta e nemmeno, con gli anni, lo diventa.
Diffidate da chi si vende per più di quel che è: piedi intrecciati sopra letti sfatti; fiori impalati dentro i vasi; luci di candela e calici di vino. Probabilmente, nel letto sfatto ci è passato qualche amante; l'acqua dentro i vasi puzza di marcio da giorni; le candele sono poco più che mozziconi di cera riciclati.
La sfida delle sfide è amare qualcuno così com'è.
La parola "difetto" viene dal latino, "difectus". Significa "mancanza". E le mancanze vanno riempite. Non cambiate. Sono piccoli buchi del cuore da colmare con altro cuore. Farlo spetterebbe a noi.
Ma farcire d'amore quelle umane manchevolezze è un fine lavoro di travaso. Significa darsi, spendersi ben oltre la sufficienza in un mondo in cui l'amore è un sei politico in pagella e la mediocrità una scelta comoda.
Cambiare no. Cambiare, chissà perché, spetta sempre all'altro. "Cambiare" è un verbo più facile di "riempire".
Così facile che, talvolta, non si sceglie il tipo di persona con cui stare, ma il tipo di storia in cui impegnarsi. Ecco perché donne intelligenti, donne fuori dal comune, donne capaci di amare di un amore bello e tondo, come la luna quando è piena e senza sconti, restano fregate, a vantaggio di fanciulle più... semplici. Per così dire.
Le prime sono storie in cui entrare con tutte e due le scarpe e tutte e due le palle. Per le seconde, invece, ne basta pure mezza. E a volte manco quella.
Certe storie sono rosso fuoco. Altre rosa pallido. Nell'evoluzione delle cromie, un sacco di gente si perde.
Perciò si, l'amore esiste. Ma non è roba per tutti.
Antonia Storace
martedì 14 luglio 2015
Tutto inizia con un sogno
Questa l'ho comprata a Covent Garden. È il solo ricordo di Londra che ho portato con me: una scatolina in legno, vuota, ed il suo bellissimo insegnamento di vita.
Ci sono lezioni che si pagano care. Altre costano appena tre pound.
"Ogni cosa inizia con un sogno", dice la scritta.
A me piace pensare che sia dedicata ai visionari, a chi scala le montagne dell'impossibile per renderlo possibilissimo, e poi ce lo fa vedere.
Agli arditi, e agli ardenti di coraggio e di passione.
Ai belli dentro, fuori e tutto intorno.
Alle donne che hanno il cuore tondo come la pancia delle mamme. Agli uomini che sono padri con le spalle larghe. Poiché è sopra quelle spalle che noi figli guardiamo l'orizzonte per la prima volta. E non ce lo scordiamo più.
A chi crede sempre. Qualche volta si scoraggia. E poi riparte.
Antonia Storace
Ci sono lezioni che si pagano care. Altre costano appena tre pound.
"Ogni cosa inizia con un sogno", dice la scritta.
A me piace pensare che sia dedicata ai visionari, a chi scala le montagne dell'impossibile per renderlo possibilissimo, e poi ce lo fa vedere.
Agli arditi, e agli ardenti di coraggio e di passione.
Ai belli dentro, fuori e tutto intorno.
Alle donne che hanno il cuore tondo come la pancia delle mamme. Agli uomini che sono padri con le spalle larghe. Poiché è sopra quelle spalle che noi figli guardiamo l'orizzonte per la prima volta. E non ce lo scordiamo più.
A chi crede sempre. Qualche volta si scoraggia. E poi riparte.
Antonia Storace
domenica 5 luglio 2015
Notte di pigiami senza maniche, e capelli raccolti. Notte di romanzi e di lenzuola fresche. Bello l'odore di bucato.
Notte di proverbi: "Chi la dura, la vince"; "La speranza è l'ultima a morire"; "Chiusa una porta, si apre un portone" - a me basterebbe pure una finestrella che affacci sul mare. E qualcuno che mi cinga le spalle con dolcezza.
Notte di canzoni, di mappe e di valigie. Voglio le atmosfere fumose degli anni '30; i bicchieri di whisky, i sigari e i pittori surrealisti; il charleston, le prime calze di nylon e lo Chanel n.5.
Notte di dolcissima trepidazione, attese, memorie e facce pulite di serenità. Notte di stelle da perderci il conto. E di costellazioni da disegnare con la punta delle dita. Voglio un messaggio mentre dormo che dica, più o meno, così: "Ciao, non sapevo come entrare nei tuoi giorni ed allora ho pensato di scriverti mentre, probabilmente, stai sognando. Perciò, se non riuscissi ad abitarti la vita, proverò almeno ad abitarti i sogni".
Antonia Storace
Notte di proverbi: "Chi la dura, la vince"; "La speranza è l'ultima a morire"; "Chiusa una porta, si apre un portone" - a me basterebbe pure una finestrella che affacci sul mare. E qualcuno che mi cinga le spalle con dolcezza.
Notte di canzoni, di mappe e di valigie. Voglio le atmosfere fumose degli anni '30; i bicchieri di whisky, i sigari e i pittori surrealisti; il charleston, le prime calze di nylon e lo Chanel n.5.
Notte di dolcissima trepidazione, attese, memorie e facce pulite di serenità. Notte di stelle da perderci il conto. E di costellazioni da disegnare con la punta delle dita. Voglio un messaggio mentre dormo che dica, più o meno, così: "Ciao, non sapevo come entrare nei tuoi giorni ed allora ho pensato di scriverti mentre, probabilmente, stai sognando. Perciò, se non riuscissi ad abitarti la vita, proverò almeno ad abitarti i sogni".
Antonia Storace
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