martedì 23 settembre 2014

Traslochi

La cosa più strana di un trasloco è non avere ancora lo specchio in bagno. Sono otto giorni esatti che non vedo la mia faccia. Mi lavo i denti alla cieca, mi vesto provando ad evitare accostamenti di colori daltonici e, per capire se sta spuntandomi un brufolo, devo tastarmi con le dita. Non so quanto profonde siano le mie occhiaie, ma ho la netta sensazione di dover fare una puntatina dall'estetista per le sopracciglia da lupacchiotto selvatico che - ne sono certa - stanno proliferando allegramente e senza posa. Non ricordo più come sono fatta. Un po' di tempo ancora, e crederò di avere gli occhi verdi sotto un manto di capelli biondi. Eppure, c'è di buono che non sento il bisogno di specchiarmi, e questo mi rende probabilmente libera dallo schiavismo di un'apparenza perfetta ad ogni costo. Mi sono affrancata dal superfluo e mi domando come sarebbe se, nel mondo, gli specchi potessero smettere di esistere e la gente cominciasse a guardarsi dentro invece che fuori. Forse ci sarebbero meno abiti firmati, e più persone di autentico valore. Meno unghie laccate, capelli caldi caldi di piega, cartellini di elevatissimi prezzi - a comprare un'eleganza dell'anima che nessuno ti vende - e più teste pensanti. Chi vale poco o niente non potrebbe più nascondersi dietro il luccichio di un noto marchio altisonante e finirebbe col rivelarsi per quello che realmente è: una nullità calzata e vestita. Calzata bene, certo. E vestita meglio. Ma quello soltanto. Al contrario, quanti hanno davvero qualcosa da dire, vestirebbero i propri valori e in quelli la gente si specchierebbe, riconoscendo i suoi pari.

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