giovedì 23 ottobre 2014

Donne al Quadrato, in USA

Ci sono le Donne. E poi ci sono le Donne Donne. E quelle non devi provare a capirle, sarebbe una battaglia persa in partenza. Le devi prendere e basta. Devi prenderle e baciarle, e non dare loro il tempo di pensare. Devi spazzare via, con un abbraccio che toglie il fiato, quelle paure che ti sapranno confidare una volta sola, una soltanto, a bassa, bassissima voce. Perché si vergognano delle proprie debolezze e, dopo avertele raccontate, si tormenteranno - in un'agonia lenta e silenziosa - al pensiero che, scoprendo il fianco, e mostrandosi umane e fragili e bisognose per un piccolo fottutissimo attimo, vedranno le tue spalle voltarsi ed tuoi passi allontanarsi. Perciò prendile e amale. Amale vestite, che a spogliarsi son brave tutte. Amale indifese e senza trucco, perché non sai quanto gli occhi di una donna possano trovare scudo dietro un velo di mascara. Amale addormentate, un po' ammaccate quando il sonno le stropiccia. Amale sapendo che non ne hanno bisogno: sanno bastare a sé stesse. Ma, appunto per questo, sapranno amare te come nessuna prima di loro.

Di Antonia Storace.



There are women. And then there are women women And these you don’t have to try to understand them, It would be a lost battle from the beginning. You need to take them and that’s it. You need to take them and kiss them, Without giving them time to think. You need to break away, with a bear hug that takes away their breath, those fears that they will know to entrust you with only once, at very low voice. That’s because they are ashamed of their weaknesses and, once they will have revealed them, they will torment you -in a slow and silent agony- just by the thought that revealing their skin and showing their humanity and their availability and their longing for just a brief fucking instant, they will see your shoulders turning and your steps leave. Therefore, take them and love them. Love them when are dressed, and with no make up As they all are good at getting undressed. Love them helpless and with no make up, Because you don’t know how a woman eyes Can find shield behind a mascara veil. Love them asleep and a bit indented when sleep is creasing them. Love them knowing that they don’t need it, As they know how to be self-sufficient. But precisely for this reason they will know to love you like nobody before them.

Poesia di Antonia Storace.
Traduzione di Domenico de Masi.

Evidentemente questo è il periodo della raccolta che segue ogni semina fatta con il cuore. Ieri mattina, una mail spedita da New York ed una da San Diego, mi comunicavano che il mio testo, Donne al Quadrato, letto da Fabio Volo su Radio Deejay e da Radio Capital durante il programma "ParoleNote", è arrivatyo in America ed è stato tradotto in inglese. Ora, io non lo so se esistono i miracoli. Ma questo ci assomiglia di sicuro. Un anno fa, qualcuno mi disse: "Ne devi fare di strada", col tono superbo di chi si sente migliore e impaurito. Bhè, da Sant'Antimo a New York... direi che un po' di strada, alla fine, l'ho fatta davvero.

"Lasciami dire che qui ricevo commenti sinceri da Città del Messico, Los Angeles, Newport- Connecticut, Toronto -Canada, San Francisco e dicono sempre: "Peccato che non posso leggere l'originale in Italiano. Dillo ad Antonia che i Suoi sentimenti ci hanno toccato dentro perché sono veri!".
Dritta dritta dagli States.

Da ieri sera, anche su Radio Capital, letta durante il programma radiofonico ParoleNote.

giovedì 16 ottobre 2014

If you can't, then you must

Martedì mattina - come in quelle cose che sembrano accadere a caso, ma a caso poi non accadono - accendendo la radio, ho sentito Fabio Volo leggere un estratto del mio blog durante il programma "Il volo del mattino", su Radio Deejay. Il mio cuore ha perso un colpo e, nello spazio vuoto di un battito mancato, ho compreso cosa fosse la più autentica Felicità. In un periodo di lotte continue, battaglie silenziose e coraggio che non si arrende, mi è parso chiaro che i sogni non si scordano di noi pure quando la fatica delle sfide quotidiane ci obbliga a stiparli in un cantuccio. Ma quelli hanno il gps incorporato, e ritrovano con facilità la strada che conduce a destinazione. Senza giustificazioni. Senza scuse da perdenti. Due giorni fa, in una mattina d'Ottobre qualunque, assolutamente ignara di tutto, ho acceso il computer e scoperto che una radio famosissima stava sparando nell'etere le mie parole. "Uno su mille ce la fa", canta Morandi. E a me è sembrato di farcela davvero. O, almeno, di essere sulla buona strada. In quel momento, mi è tornata alla mente una frase di mio padre: "Se sprechi il tuo talento sei colpevole due volte". Ora so che il talento, quello vero, urla così forte che, alla fine, sei obbligato ad ascoltarlo. Non è mai troppo tardi. Siamo tutti nati per vincere. Ciascuno a suo modo. Il fallimento è solo una brutta storia che raccontiamo noi stessi ogni giorno, e alla quale ci siamo tristemente abituati. Perché è più comodo. Perché è più facile. Perché il cambiamento fa paura. E la Felicità pure. E allora si scelgono sogni tarocchi, amori di seconda mano, strade già battute, battiti consumati. Lo slancio di spiccare il volo, invece, chiede di essere pagato in coraggio. Ma, una volta in cima, quanto è bella l'ebbrezza della vetta?


giovedì 2 ottobre 2014

Sagome e profili

Oggi pomeriggio mi sono appisolata sul letto dei miei genitori. I lati su cui dormono sono deformati, il materasso sprofonda leggermente, richiamando la sagoma dei loro corpi e del loro sonno. Stesa al centro, tra i due invisibili profili, ne ho tracciato i contorni con le dita. La testa di mia madre, le mani di mio padre. Quello è l’unico posto in cui riesca ad addormentarmi senza troppi pensieri. Quasi ci fosse una specie di pace, di quiete, di addio alle armi. E non si tratta di uno strano complesso edipico che mi fa tornare bambina. No. E’ pace da grandi, quella. Quiete da adulti. E’ stata, probabilmente, l’ultima volta che ci ho dormito. A partire da domani, in questa estate difficile e bellissima, nulla sarà più come prima. Due valige, una borsa, e cinque scatole. La mia vita sta tutta quanta in due valige, una borsa, e cinque scatole. Non ti rendi conto di cosa lasci fino al giorno in cui lo lasci. Ci hanno insegnato che vale per le persone. Ed invece vale anche per le cose. I libri quando li imballi, che ti sembra di imballare pure il tuo destino; i peluche alle cui scatole fai dei fori per assicurarti che respirino - perché lo sai che è un po’ infantile e senza senso, ma non puoi fare a meno di sentirti un po’ infantile e senza senso anche tu; i vestiti, che qualcuno lo porti, qualcuno lo lasci, molti li butti. Le lenzuola, perché sembrano uno scherzo e invece non lo sono. Non c’è nulla di più intimo della federa di un cuscino, tra le cui pieghe hai addomesticato i pensieri, o del lembo di una coperta tirata fin sopra la testa, a proteggerti dai mostri sotto il letto. Lo squarcio marmoreo della mattonella in cucina, quando è saltata per aria la moka e la polvere di caffè si è sparsa ovunque, a ricordarti che, certe volte, la calma è solo apparente, la bellezza è fumo dentro gli occhi, la tensione continua a premere dall'intero fino al giorno in cui gli equilibri si rompono e la ferita diventa quasi una medaglia da appuntare sopra il petto. Oggetti che raccontano una vita, e che adesso sembrano non avere un’anima, o averne una triste e silenziosa. C’è chi parte per andare verso, e chi parte per scappare da. Io mi sento un po’ entrambe, al momento. Ma se è vero che l’Universo non lancia mai sfide superiori alla portata delle nostre spalle, raccolgo il guanto e scendo in campo. Oggi, ho imparato il funzionamento di una livella, che cos’è un fisher, come montare una mensola, lavorando fianco a fianco con papà. Al mio ritorno, il mio letto non esisterà più. Non esisterà più la scrivania sopra la quale sto scrivendo adesso e neppure il tavolo a cui ho cenato questa sera. Non ci saranno più le scritte sopra le pareti della mia camera, o la lavatrice nel ripostiglio, che rompe i coglioni ogni notte col rumore martellante della centrifuga in funzione. Affacciandomi alla finestra, non vedrò più zia fumare una sigaretta sul balcone, e neppure sentirò il rumore del cancello in piena notte, quando Teresa ed Antonella rientrano. Dovrò imparare una quotidianità diversa, fatta di gesti e suoni e ritmi e ore ancora sconosciute. In ogni caso, e al di là di tutto, resto io, la mia famiglia, l’uomo che ho accanto. E va bene così. Questo è solo un altro giro di giostra. Tanto vale montare e godersi la corsa. Il male si paga. La Felicità ci spetta di diritto.

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