giovedì 2 ottobre 2014

Sagome e profili

Oggi pomeriggio mi sono appisolata sul letto dei miei genitori. I lati su cui dormono sono deformati, il materasso sprofonda leggermente, richiamando la sagoma dei loro corpi e del loro sonno. Stesa al centro, tra i due invisibili profili, ne ho tracciato i contorni con le dita. La testa di mia madre, le mani di mio padre. Quello è l’unico posto in cui riesca ad addormentarmi senza troppi pensieri. Quasi ci fosse una specie di pace, di quiete, di addio alle armi. E non si tratta di uno strano complesso edipico che mi fa tornare bambina. No. E’ pace da grandi, quella. Quiete da adulti. E’ stata, probabilmente, l’ultima volta che ci ho dormito. A partire da domani, in questa estate difficile e bellissima, nulla sarà più come prima. Due valige, una borsa, e cinque scatole. La mia vita sta tutta quanta in due valige, una borsa, e cinque scatole. Non ti rendi conto di cosa lasci fino al giorno in cui lo lasci. Ci hanno insegnato che vale per le persone. Ed invece vale anche per le cose. I libri quando li imballi, che ti sembra di imballare pure il tuo destino; i peluche alle cui scatole fai dei fori per assicurarti che respirino - perché lo sai che è un po’ infantile e senza senso, ma non puoi fare a meno di sentirti un po’ infantile e senza senso anche tu; i vestiti, che qualcuno lo porti, qualcuno lo lasci, molti li butti. Le lenzuola, perché sembrano uno scherzo e invece non lo sono. Non c’è nulla di più intimo della federa di un cuscino, tra le cui pieghe hai addomesticato i pensieri, o del lembo di una coperta tirata fin sopra la testa, a proteggerti dai mostri sotto il letto. Lo squarcio marmoreo della mattonella in cucina, quando è saltata per aria la moka e la polvere di caffè si è sparsa ovunque, a ricordarti che, certe volte, la calma è solo apparente, la bellezza è fumo dentro gli occhi, la tensione continua a premere dall'intero fino al giorno in cui gli equilibri si rompono e la ferita diventa quasi una medaglia da appuntare sopra il petto. Oggetti che raccontano una vita, e che adesso sembrano non avere un’anima, o averne una triste e silenziosa. C’è chi parte per andare verso, e chi parte per scappare da. Io mi sento un po’ entrambe, al momento. Ma se è vero che l’Universo non lancia mai sfide superiori alla portata delle nostre spalle, raccolgo il guanto e scendo in campo. Oggi, ho imparato il funzionamento di una livella, che cos’è un fisher, come montare una mensola, lavorando fianco a fianco con papà. Al mio ritorno, il mio letto non esisterà più. Non esisterà più la scrivania sopra la quale sto scrivendo adesso e neppure il tavolo a cui ho cenato questa sera. Non ci saranno più le scritte sopra le pareti della mia camera, o la lavatrice nel ripostiglio, che rompe i coglioni ogni notte col rumore martellante della centrifuga in funzione. Affacciandomi alla finestra, non vedrò più zia fumare una sigaretta sul balcone, e neppure sentirò il rumore del cancello in piena notte, quando Teresa ed Antonella rientrano. Dovrò imparare una quotidianità diversa, fatta di gesti e suoni e ritmi e ore ancora sconosciute. In ogni caso, e al di là di tutto, resto io, la mia famiglia, l’uomo che ho accanto. E va bene così. Questo è solo un altro giro di giostra. Tanto vale montare e godersi la corsa. Il male si paga. La Felicità ci spetta di diritto.

Copyright Viola Editrice

2 commenti:

Ladyrock ha detto...

Ogni cambiamento porta con se qualcosa di bello e prezioso. Il dolore del distacco è sempre compensato da una nuova vita che ci fa scoprire anche delle nuove noi stesse. Io dico viva il cambiamento, sempre! Complimenti per il tuo blog e il tuo modo di scrivere. Da poco mi sono tuffata anche io in questa avventura, così, un po' per gioco. Vienimi a trovare, ne sarei onorata. E' stato un piacere leggerti, ciao.

Antonia Storace ha detto...

Buongiorno Ladyrock :)
Il cambiamento fa paura. Restare fermi, però, ne fa molta di più...

Passo volentieri dalle tue parti. Grazie per la visita :)

Un sorriso,
Antonia.