Ma quanto sono belle le domeniche mattina piene di sole, così traboccanti di luce che i problemi non troverebbero spazio manco ad infilarcisi a forza. E allora restano chiusi fuori, a graffiare - con le unghie, e con i denti - contro la porta sprangata di quelle giornate che proprio non ne vogliono sapere di lasciarsi rovinare l'umore. Così, solo per un po'. Con i raggi che filtano dalla vetrata di un bar e vestono, di lucente grazia, il tavolino nero accoccolato in un angolo, e il tuo profilo sereno - in giacca, jeans attillati, tacchi a spillo e capelli che profumano di ciliegie, madreperla, latte di vaniglia e polpa di papaya - tra un succo d'arancia rossa, una monachina alla nutella, e le chiacchiere distese e divertite di chi ha deciso che la domenica è giorno di riposo pure per affanni, inquietudini e turbamenti.
Smessa la mise da strafiga assonnata, dopo pranzo, mi godo il tepore languido di una tuta slargata che non avanza pretese di impettita bellezza e lascia intuire, solo vagamente, forme di donna sotto la stoffa. Mi tengo addosso il mascara, e quello che resta di ombretto e matita - questa faccia(ta) di sicurezza non son pronta a farla crollare del tutto.
Un po' Pierrot, un po' femmina, un po' bambina, decido che me lo posso pure concedere un cartone animato, e domani tentare una replica di serenità.
Che poi inizia la malinconia del pomeriggio, ed allora bisogna inventarsi un altro modo di essere felici.
Siaccettanoproposte.
domenica 11 novembre 2012
mercoledì 7 novembre 2012
Donne al Quadrato
Ci sono le Donne. E poi ci sono le Donne Donne. E quelle non devi provare a capirle, sarebbe una battaglia persa in partenza. Le devi prendere e basta. Devi prenderle e baciarle, e non dare loro il tempo di pensare. Devi spazzare via, con un abbraccio che toglie il fiato, quelle paure che ti sapranno confidare una volta sola, una soltanto, a bassa, bassissima voce. Perché si vergognano delle proprie debolezze e, dopo avertele raccontate, si tormenteranno - in un'agonia lenta e silenziosa - al pensiero che, scoprendo il fianco, e mostrandosi umane e fragili e bisognose per un piccolo fottutissimo attimo, vedranno le tue spalle voltarsi ed tuoi passi allontanarsi. Perciò prendile e amale. Amale vestite, che a spogliarsi son brave tutte. Amale indifese e senza trucco, perché non sai quanto gli occhi di una donna possano trovare scudo dietro un velo di mascara. Amale addormentate, un po' ammaccate quando il sonno le stropiccia. Amale sapendo che non ne hanno bisogno: sanno bastare a sé stesse. Ma, appunto per questo, sapranno amare te come nessuna prima di loro.
Copyright Viola Editrice
To Fall In Love
Stupido, stupido cuore.
Non impari mai. Ti reinventi ogni volta e, ogni volta, torni ad essere tabula rasa, il "punto e a capo" da cui ricominciare. E ricominci sempre. Non ti stanchi di ricominciare. In quegli inizi fallaci che sai, in partenza, essere dolorosi e sbagliati. Ma tu sei stupido, stupido stupido cuore. Incosciente ed ostinato. Ed io che, mio malgrado, sono costretta a seguirti, non riesco ad impedirmi di sperare che in tanta sciocca incoscienza esista anche una parvenza di coraggio, saggezza e lungimiranza. Chissà se Tu vedi ciò che a me sfugge.
Così, per dirla all'inglese, "To Fall In Love": cadere in amore. Perché, forse, nell’amore inciampi proprio mentre corri sul tuo tacco dodici.
E allora, schiena dritta, testa alta, sguardo fiero, jeans attillati, e sorriso seducente. Se proprio devi cascarci, e ricascarci, tanto vale farlo con stile.
Buona mattinata di cadute a tutti.
©
Copyright Viola Editrice
Non impari mai. Ti reinventi ogni volta e, ogni volta, torni ad essere tabula rasa, il "punto e a capo" da cui ricominciare. E ricominci sempre. Non ti stanchi di ricominciare. In quegli inizi fallaci che sai, in partenza, essere dolorosi e sbagliati. Ma tu sei stupido, stupido stupido cuore. Incosciente ed ostinato. Ed io che, mio malgrado, sono costretta a seguirti, non riesco ad impedirmi di sperare che in tanta sciocca incoscienza esista anche una parvenza di coraggio, saggezza e lungimiranza. Chissà se Tu vedi ciò che a me sfugge.
Da questa parte del mondo, e da quell'altra, si tramanda una storia vecchia di secoli, contro la quale gli inganni del tempo - stronzo, bieco e galantuomo - e della dimenticanza, nulla hanno potuto: l'amore - si dice - veste una forma diversa a seconda della persona cui è destinato.
Così, può essere che arrivi saltellando su un paio di scarpette da ginnastica, sciupate dagli anni, e da quel correre veloce che vorremmo ci portasse lontano ed invece, molte volte, ci ( ri )porta semplicemente a noi stessi - esiste davvero posto più lontano?
Succede che valichi i confini di ogni umana difesa attraverso il profumo innocuo ( ? ) ed intenso delle caldarroste, una notte d'autunno che sembrava uguale alle altre, eppure uguale non è. Ed allora, ti lasci prendere, e un po' incantare - perché, certi errori fanno assai più male quando ti ostini ad evitarli. Meglio viverli, e poi pazienza. Accada quel che accada.
Oppure, capita che ti sorprenda all'improvviso, mentre fai di tutto per sfuggirgli. Distratta, e pensierosa, guardi nella direzione sbagliata, e quello ti piglia alle spalle, per ricordarti che fidarsi di qualcuno è esattamente questo: lasciarsi cadere all'indietro, ad occhi chiusi, e sperare che l'altro ti afferri in tempo.
... l'amore non è una distesa di petali. Somiglia, di più, ad un campo di battaglia in cui farsi la guerra a colpi di incomprensioni, differenze, compromessi che si faticano a raggiungere, punti d'incontro che sembrano non esistere. E poi', d'un tratto - quando ogni cosa appare impossibile, irrecuperabile, senza sorte e senza futuro - capire di aver sempre lottato dallo stesso lato della barricata. Insieme.
Non importa quanto lontano vai: ciò che è destinato ad essere sarà comunque, e troverà il modo di raggiungerti.
Non importa quanto lontano vai: ciò che è destinato ad essere sarà comunque, e troverà il modo di raggiungerti.
E allora, schiena dritta, testa alta, sguardo fiero, jeans attillati, e sorriso seducente. Se proprio devi cascarci, e ricascarci, tanto vale farlo con stile.
Buona mattinata di cadute a tutti.
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martedì 23 ottobre 2012
Genitori e Figli. E viceversa
Veniamo al mondo con la certezza che i nostri genitori si prenderanno cura di noi: sapranno accudirci, evitarci inutili sofferenze, salvaguardarci la dignità; ci sosterranno nella realizzazione delle più intime aspirazioni, faranno fronte comune contro quelle difficoltà che proprio non si possono fuggire. Perché è una legge di natura: i genitori aiutano i figli.
Esiste, però, un'altra legge di natura, di cui prendiamo consapevolezza solo poi: ad un certo punto della nostra vita, i ruoli si ribalteranno ed allora saremo noi, noi figli, a dover sostenere, supportare, difendere, reggere e sorreggere le nostre mamme ed i nostri papà. Senza battere ciglio. Senza cedere. Senza esitare. Perché loro, con noi, non hanno esitato mai, neanche per un attimo.
E così il ciclo si chiude: ciò da cui tutto nasce è ciò a cui tutto torna.
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sabato 20 ottobre 2012
Straziami ma di corna saziami
Di Blue G. e Antonia S.
Sono finite le giornate calde e assolate in riva al mare a
sorseggiare cocktail gelati e a leggere riviste da donnette. Sono terminate le
maratone al sole che come miglior amante avevano la crema protettiva, si sono dileguate al tramonto le dormite sul
lettino per recuperare le energie perse durante notti bollenti passate ad
albeggiare in compagnia di sedicenti amori. L’estate è finita. E così con lei,
anche quel senso di libertà diffusa, di brivido vaginale e di brezza cerebrale.
L’autunno spazza via qualsiasi sensazione di leggerezza per far posto alla
pesantezza dei maglioni di lanetta e racchiude tra il tessuto di un cappotto la
sensazione di caldo che ci ha provocato l’estate.
L’estate è il periodo dell’amore. L’alleata perfetta per le
fughe in moto, per i baci fugaci e per le scappatelle, siano esse di cervello o
fisiche. Questa benedetta stagione, contraddistinta da abiti succinti, slip
assenti e pelle abbronzata contribuisce al “sonno della ragione”, favorisce la
perdita della testa e incentiva l’adulterio. Ma chi è più fedifrago, l’uomo o la
donna? Chi si butta più a capofitto in alcove differenti, il maschio o la
femmina? L’infedeltà non ha sesso, è un impulso non riconducibile a un genere ma
a una condizione. Tradiamo perché siamo insoddisfatti, perché siamo annoiati o
semplicemente perché ci va di farlo. Ci lanciamo sotto le lenzuola di uno
sconosciuto perché abbiamo bisogno di sentirci ancora attraenti o forse perché
quella persona ha destato in noi curiosità. Ma cosa realmente ci spinge,
consapevoli di essere felici nella nostra vita coniugale, a cercare qualcosa che
ci stimoli a tal punto da tentare il rischio di una strada nuova? Quale demone
alimenta la voglia di tradire una persona che amiamo? In quel momento, perché
non veniamo assaliti dalla paura di perdere la nostra/o amata/o o di essere
scoperti? Sicuramente il tradimento è una questione di istinto. In quei momenti
seguiamo un odore, ci lasciamo trasportare da un sapore senza sapere, dove
realmente ci porterà, mettiamo il cervello in folle per ascoltare solo il nostro
impulso. Veniamo completamente rapiti dalla situazione del momento, doniamo
tutto per poco tempo per poi accorgerci che l’estate finisce e, come sempre,
inizia l’autunno.
Il vento settembrino spazza via il sudore della stagione
bollente per far spazio al tepore della sicurezza di una storia che da serenità.
Blue non ha mai tradito, questo non significa che non potrebbe
mai farlo, significa semplicemente che fino ad oggi non ne ha mai avuto
l’occasione, il bisogno, la voglia. Ho sempre creduto che non sia necessario
tradire una persona, nessuno ci obbliga a stare con qualcun altro e quindi non
ha senso lanciarsi in altri letti, sarebbe più sensato lasciare il fidanzato/la
fidanzata del momento e avere storie, anche mille. Chi tradisce non è libero. Ha
degli impegni, ha il cuore sotto lucchetto, così come il corpo, il cervello e
teoricamente anche gli organi genitali. Chi tradisce mette a rischio più
persone, se stesso, la persona con cui sta e la terza pedina della scacchiera.
Questo significa che potrebbe fare del male –se non si ferma in tempo– il
fedifrago potrebbe spezzare il cuore a un essere umano di troppo, o anche a più.
Sono partita ricordando l’estate, perché è proprio in questa
stagione che solitamente siamo più propensi a donarci, ma donarci fino a che
punto, mi viene da chiedere? Donare solo il corpo, lasciando il cervello in
stand-by? Donarci in una notte di sesso, seguendo l’istinto, senza far
intervenire i sentimenti, è tradimento? Ma cosa succede se il tradimento è
prolungato, se dura mesi, se si crea complicità, se ci si cerca e si ha
desiderio di stare insieme? Cosa succede se si arriva al punto che uno dei due
non ce la fa più a sopportare questa storia?
Di solito se ci capita che diamo dei paletti perché non
sopportiamo più di essere la seconda scelta, accadono degli eventi improbabili.
Tutto a un tratto se a tradire è un uomo, (triangolo donna-uomo-donna) questo
sparirà dalla circolazione, non ci telefonerà più, farà finta che nulla sia
successo e si trasformerà da amante affettuoso a sfuggente amico, ignorando un
piccolo particolare: “non si diventa amico di una donna con la quale si è stati
a letto per mesi e soprattutto, dopo che le si è fatto gettare il cuore oltre
all’ostacolo”. Non è così semplice. Non così immediato.
Beh, non dimentichiamo, poi, che esiste sempre l’ufficiale.
L’ufficiale è il compagno/a che ha il diritto di chiamare a qualsiasi ora, di
dormire con il/la traditore/trice, di andare alle feste e agli eventi importanti
insieme. L’ufficiale è quello che non sei tu.
Blue si volta a
guardare le foglie che cadono, la luce è diversa, lei non ha mai tradito e le
piace così perché per Blue “l’infedeltà è puro egoismo”.
Antonia si volta a guardare le foglie
che cadono… e,
in questa notte d’autunno inoltrato, si sorprende a pensare: “chi ama davvero,
potrebbe mai realmente tradire?”
“La
prima e principale zona erogena è la mente”, scrive Richard Alan Miller. Come a
dire: “Fuck my brain. I am my mind, not my body”. L’impatto è, senza dubbio, più
strong rispetto al tocco poetico del
Signor Miller, eppure il senso rimane del tutto immutato, felicemente uguale a
sé stesso: certe persone ti piegano a novanta il cervello, prima della carne.
I
pensieri sanno farsi l’amore per ore, nella fremente, perfetta incertezza di due
corpi che non ancora si sono trovati. E quando pure quelli s’incontrano,
l’erotismo raggiunge la più alta delle vette possibili. Capita, allora, di
sentirsi nudi e soli, davanti alle emozioni. Indifesi e senza nerbo. Privati di
ogni orpello, e di qualunque umana posa. Disarmati dall’assenza di giudizio e,
tuttavia, decisi a scansare il senno e la ragione, ad ogni passo. Siamo fottuti,
davanti alle emozioni. Audaci, temerari e fieri. Perché, se un prezzo da pagare
esiste - ed esiste - non è mai troppo alto (?).
Ho
indossato i guanti da boxe sulle unghie laccate di rosso. Per gioco o per fede,
ho imparato che il ring somiglia alla vita. Ogni montante affondato nel sacco ha
i contorni precisi di un vaffanculo perfetto: colpisce allo stomaco inganni
passati e stronzi recenti, disattese speranze, sogni che sono giochi d’azzardo
mutati in rovina. Tra un pugno diretto e un calcio frontale, ho incrociato i
suoi occhi una volta di troppo. Così, a uscirne ammaccato, è stato il mio cuore
di giovane donna che avrebbe voluto sentirsi un po’ Rocky e, invece, si è
sentita un po’ scema.
Perché
Lui è Quello sbagliato. Così
sbagliato da far sembrare giusta ogni cosa. Lui, appartiene – per diritto
acquisito – al commediante drappello degli uomini “chiari fin dall’inizio”.
Peccato che il loro personale concetto di “inizio” registri un fuso orario più
personale ancora: vittime incolpevoli - si fa per dire - di una forma bizzarra
di demenza senile, per via della quale “fidanzate ufficiali” e “compagne di
rappresentanza” sono le stesse cui alludono distratti - tra un flirt innocente e
una palpatina impudente - solo dopo settimane, mesi, anni addirittura.
D’altronde, il tempo è un concetto relativo. E loro sono stati “chiari fin
dall’inizio” … sia chiaro.
Il
corpo delle donne è una filigrana mistica e perfetta, così forte da tendersi e
accogliere la vita dentro la vita. Sanno, per inclinazione divina, come
sdoppiarsi il cuore e abbracciare tanto altro da sé. Rischiano il certo per
l’incerto, barattano le sudate conquiste con la dolorosa mappatura di nuove
ferite. Forse non tutte, sicuramente molte.
In
questa notte d’autunno inoltrato, mi torna alla mente una canzone di Fabrizio De
Andrè: “mentre lui le insegnava a fare l’amore, lei gli insegnava ad amare”. Ma
quanti, poi, sono disposti a imparare sul serio?
Antonia e Blue: a quattro mani e due cuori pensano che –
parafrasando Harriet Van Horne – “amare sia come cucinare… o ci
si abbandona completamente o
si rinuncia”.
E voi cosa ne pensate? Amanti fedeli o traditori impenitenti?
L’amore vero basta a se stesso o necessita di adultere alcove?
LEGGETEMI ANCHE SU
giovedì 18 ottobre 2012
"Era una ragazza semplice, di quelle che sognano dietro ai libri e alle poesie, e se la vita è carogna non importa, una ragione buona per sorridere la trovi comunque. Era un tipo così. Ed era carina, questo bisogna dirlo. Non del genere vistoso, quelle che ti giri a guardarle. Più semplice. Ma aveva qualcosa che ti accalappiava, niente da dire, ce l'aveva. Come una specie di limpidezza, di trasparenza. Era quel tipo di donna che quando ce l'hai tra le braccia, sai che lei è lì, proprio tra le tue braccia e da nessuna altra parte. Non so se avete presente. Ma è una cosa rara.. e bellissima, nel suo genere."
Alessandro Baricco
Alessandro Baricco
lunedì 24 settembre 2012
Se un uomo ti dice che sei bella prima di fare l'amore con te, non credergli: può darsi lo dica solo per portarti a letto.
Se te lo ripete mentre state facendo l'amore, continua a non credergli: può darsi faccia parte del gioco.
Se te lo sussurra alla fine, mentre ti tiene stretta contro il petto, e non gli importa se il suo braccio dolorante resta paralizzato in una posa innaturale, sotto il tuo collo, a mo' di cuscino ... bhé, allora, forse, puoi cominciare a credergli.
In ogni caso, indipendentemente da ciò che dice lui o chiunque altro, credi sempre in te stessa. Dai forza e convinzione alla persona che sei.
Se te lo ripete mentre state facendo l'amore, continua a non credergli: può darsi faccia parte del gioco.
Se te lo sussurra alla fine, mentre ti tiene stretta contro il petto, e non gli importa se il suo braccio dolorante resta paralizzato in una posa innaturale, sotto il tuo collo, a mo' di cuscino ... bhé, allora, forse, puoi cominciare a credergli.
In ogni caso, indipendentemente da ciò che dice lui o chiunque altro, credi sempre in te stessa. Dai forza e convinzione alla persona che sei.
sabato 22 settembre 2012
Ci preoccupiamo tanto di non concederci fisicamente ad un uomo. Contiamo le uscite: la prima sera non esiste al mondo, sarebbe da troie; la seconda, un pensierino ce lo faccio ma resisto, è ancora troppo presto; la terza sera, gli consento di andare in prima base; al quarto appuntamento, le cose iniziano a farsi complicate da gestire; al quinto poi, è una faticaccia. Il vademecum della scopata perfetta, educata, morale, etica, perbenista e di buon gusto. Ma, mentre ci preoccupiamo di non aprire le gambe troppo in fretta, il cuore l'abbiamo già allegramente spalancato, esponendolo a rischi, delusioni, voglia di mettersi in gioco, emozioni e sensazioni indirizzate a chi, il più delle volte, neppure le merita. Troppo attente a difendere - giustamente anche - la nostra "sacralità sessuale", ci scordiamo di quella emotiva e finiamo col "prostituirci sentimentalmente". Non ci accorgiamo che la parte più importante di noi, quella più preziosa - il cuore - l'abbiamo già concessa.
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martedì 4 settembre 2012
Questa estate la ricorderò per la Luna mozzafiato, di una notte inaspettata, da un terrazzo che sapeva un po' di vino, un po' di scherzo, un po' di voglia, e di magliette con strane scritte e di splendida affascinante umanità. Perché, certi uomini, nascono grandi, e la grandezza se la portano addosso, la abitano come fosse una seconda pelle.
Questa estate la ricorderò per tutta la pizza che ho mangiato - davvero tanta, davvero buona - gli yogurt con il miele, le escursioni gastronomiche, le amicizie nuove, inattese, arrivate in punta di piedi, con delicatezza, senza sgomitare e senza le quali, adesso, proprio non saprei stare. Perché, certe amiche hanno l'anima bella, e a volte neppure se ne rendono conto.
La ricorderò per le passeggiate a Via Caracciolo, le promesse strette col dito mignolo, gli abbracci che sanno dare senza togliere, i silenzi che non si devono spiegare, le foto scattate con un cellulare che fa schifo, ma non importa, basta il pensiero. E certi pensieri non ti abbandoneranno mai. Perché alcuni amici sono una fortuna che ti capita una volta sola nella vita.
Questa estate la ricorderò per tutti i sogni che hanno smesso di essere tali, e si sono tramutati in sfida, partita, scommessa e certezza.
E' stata un'estate atipica. Un'estate magnifica.
E' stata un'estate atipica. Un'estate magnifica.
E così, all'improvviso, fu Settembre. Il mese dei percorsi interrotti e poi ripresi; delle vite sospese che ricominciano a fluire; delle partenze che non hanno mete vacanziere, ma cercano destinazione dentro i passi di chi resta e continua la storia; la pagina pulita, il rigo successivo, il "punto e a capo" dopo gli scarabocchi e le cancellature; l'avanposto dei sogni che si fanno sfida, la culla materna della sfida che si fa certezza; sei l'anno nuovo dentro l'anno stesso; la seconda possibilità di chi, fallendo la prima, cerca rivalsa.
Te ne stai accoccolato sul calendario che penzola in cucina, a metà tra l'estate che, silenziosamente, si defila ed un inverno ancora sonnacchioso e intorpidito. Sei uno scampolo di speranza, voglia di fare, voglia di ricominciare.
Te ne stai accoccolato sul calendario che penzola in cucina, a metà tra l'estate che, silenziosamente, si defila ed un inverno ancora sonnacchioso e intorpidito. Sei uno scampolo di speranza, voglia di fare, voglia di ricominciare.
Benvenuto Settembre. Ti ho aspettato tanto.
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lunedì 2 luglio 2012
Tell me why i love mondey
Il Lunedì è il giorno degli Inizi. Nuovi, vecchi, rimandati.
E' il giorno dei buoni propositi, delle speranze non ancora disattese, dei "vorrei" e "potrei" che si impegnano a diventare certezza.
E' il giorno del "cominciamo".
Anche gli Amori dovrebbero iniziare di Lunedì.
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E' il giorno dei buoni propositi, delle speranze non ancora disattese, dei "vorrei" e "potrei" che si impegnano a diventare certezza.
E' il giorno del "cominciamo".
Anche gli Amori dovrebbero iniziare di Lunedì.
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mercoledì 29 febbraio 2012
Universi di notte.
Buona notte a quei sogni che si adagiano, lesti, sul mio cuscino, e mi dormono accanto, sussurrandomi piano: "Ci ritroverai ancora qui, domattina".
Buona notte alle stelle, che si prendono gioco di noi. Loro non si preoccupano di rimettersi in piedi, più forti di prima, ad ogni caduta. Al contrario, fanno di ogni caduta un desiderio che si realizza. E ci tengono in pugno - incantevoli bagliori lontani - col naso all'insù, il cuore per aria, ed il cielo sopra la testa. Sono furbe, le stelle. Hanno capito come funziona.
Buona notte alle dita incrociate, per gioco o per scaramanzia. Perché non è vero, ma ci credo. Perciò, ti prego, ti prego, ti prego, fa che si avveri.
Buona notte ai gatti neri che parlano alla Luna sopra i tetti delle case di paese. Sembra sia l'unica ad ascoltarli, e a fare loro le fusa. Sono argentee ed eteree, le fusa della Luna. Impalpabili.
Vorrei essere una stella pettegola, per origliarne i perlacei segreti. Chissà cosa si dicono, i gatti neri e la Luna.
Buona notte ai si, e ai no. Agli intervalli. Alle pause caffè. Alle pause e basta. Ai sospiri di sollievo. Ai sospiri. Al bruco che non è ancora farfalla. Alle chiavi che aprono, e a quelle che chiudono. Ai passi avanti. Avanti agli altri. Perché, talvolta, bisogna accettare di essere migliori, migliori degli altri. Camminare accanto a loro, ci rallenta il passo.
Buona notte al mondo che cala le palpebre, e comincia a russare. Capitelo, è stanco anche lui. Povero diavolo.
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sabato 25 febbraio 2012
Scampoli di cielo
In piedi sulla scrivania, imbratto di parole e disegni una delle pareti di camera mia. Le mani si tingono di inchiostro, e di colori: un po' di verde sulle dita, che la speranza non c'entra nulla. Il verde mi ricorda i fiori, e quella loro straordinaria capacità di sbocciare pure tra le macerie. O tra le fila del cemento. Strafottenti, e coraggiosi. Bellissimi.
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E poi il giallo, al centro del mio palmo. Fa il verso al sole che, in questi giorni, sta provando e riprovando il suo inchino. All'Estate. E' fatto così, non vuole sfigurare.
E il blu lungo i polsi, che il cielo oggi è distratto, e allora me ne disegno uno spicchio sulla pelle. "Se lo scrivi, resta" - così mi hanno detto. Ed io voglio che resti. Perché non lo so com'è il Cielo Sopra Berlino. Ma quello Sopra Di Me è bello di sicuro.
Io me lo sono conquistato, il mio scampolo di azzurro. Ho combattuto affinché si facesse terso, e il mio cuore non era poi così aperto. Era un cuore spaventato, un po' ammaccato. Un cuore col dito puntato. Mi accusava di averlo maltrattato. Ma quello è riuscito ad infilarcisi lo stesso. In qualche modo, il cielo mi è entrato dentro. Mi ha presa alla sprovvista. Me ne sono accorta solo quando, improvvisamente, ne ho percepito l'infinità. Allora è successo che ho capito. Ho capito che, fino a quel momento, avevo soltanto intuito me stessa. Mi guardavo, da anni, come dietro un vetro appannato che sfuma i contorni, e rimpicciolisce i dettagli. Ma vedersi, vedersi davvero, mettere a fuoco sé stessi ... quella è tutta un'altra storia, signori.
Significa imparare l'indulgenza e per questo amare, e perdonare, la donna che eri un tempo. Quella che camminava per strada vestita di sbagli, e pezze a colori, ed etichette affibbiate da qualcuno - chissà quando, chissà perché - e conti mai saldati, e fallimenti ammantati di sforzo, e di tenacia. Quella stessa donna che poi - con una mano che non era più il solito pugno chiuso, ma dita tese e protese verso l'avanti - ho salutato con affetto, e con un pizzico di malinconia. Da lontano, le ho sussurrato: "Mi dispiace. Mi dispiace perché non ho saputo volerti bene abbastanza da preservarti la dignità, ed evitarti inutili dolori. Ora sei libera, ti lascio libera".
E lei se n'è andata, col suo carico di ieri e di domani mai arrivati. Eppure leggera ed impalpabile. Mi ha guardata negli occhi un'ultima volta e, con tenerezza, mi ha detto: "Non ti serbo alcun rancore. Ci siamo tenute compagnia tanto, e tanto a lungo, in quelle mattine senza entusiamo, e nelle notti faticose, eternamente uguali a loro stesse. Ma nulla è più certo del cambiamento ... e allora cambia. Sii il meglio di ciò che puoi essere".
Non dimenticherò mai la donna che ero. Ne proietto l'immagine attraverso il filtro degli occhi. E' stata la speranza che si traduce in volontà. La volontà che anima il muscolo. Il muscolo che diventa azione. L'azione che sfida la paura, e mette in moto la trasformazione.
Ma salutando lei, ho dato il benvenuto ad un'altra donna. Una donna diversa, non più così fragile ma non ancora forte. Solo un po' più vera, un po' più serena. Quasi in pace.
E lei se n'è andata, col suo carico di ieri e di domani mai arrivati. Eppure leggera ed impalpabile. Mi ha guardata negli occhi un'ultima volta e, con tenerezza, mi ha detto: "Non ti serbo alcun rancore. Ci siamo tenute compagnia tanto, e tanto a lungo, in quelle mattine senza entusiamo, e nelle notti faticose, eternamente uguali a loro stesse. Ma nulla è più certo del cambiamento ... e allora cambia. Sii il meglio di ciò che puoi essere".
Non dimenticherò mai la donna che ero. Ne proietto l'immagine attraverso il filtro degli occhi. E' stata la speranza che si traduce in volontà. La volontà che anima il muscolo. Il muscolo che diventa azione. L'azione che sfida la paura, e mette in moto la trasformazione.
Ma salutando lei, ho dato il benvenuto ad un'altra donna. Una donna diversa, non più così fragile ma non ancora forte. Solo un po' più vera, un po' più serena. Quasi in pace.
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domenica 12 febbraio 2012
L'errore della perfezione
La prima volta che ho preparato la torta caprese ho scordato un ingrediente. Leggevo la ricetta, e cercavo di attenermi ad ogni indicazione, ma quella voce l'ho saltata a piè pari, i miei occhi proprio non l'hanno messa a fuoco. Ho mancato un pezzo. Per intero.
Me ne sono resa conto solo dopo, infornandola, quando ormai era davvero troppo tardi per tornare indietro, e rimediare a quello che si preannunciava essere un disastro culinario, ed un doloroso affronto alla mia autostima.
Così, ho atteso - impaziente - che trascorresse il tempo di cottura e, nel mentre, pensavo a come giustificare quel pasticcio.
Invece, miracolosamente e contro ogni aspettativa, era magnifica, deliziosa, la più buona che avessi mai mangiato.
Da allora, quell'ingrediente l'ho barrato via dalla ricetta. Come quando, da bambina, facevo il dettato, e sbagliavo una parola. Provavo a cancellarla con il correttore bianco perché non volevo restasse la macchia, lo scarabocchio sul candore immacolato del mio quaderno da prima della classe. Ma la maestra, puntualmente, me lo impediva. Mi diceva di tirarci sopra una linea, ed andare avanti.
Il perché di questo insegnamento l'ho capito solo poi, crescendo. O almeno provandoci.
Coprire l'errore con il correttore sarebbe stato come fingere che non fosse mai esistito. Tirarci sopra una linea con la biro blu, invece, avrebbe reso il mio foglio perlaceo più disordinato, e sicuramente meno elegante, ma mi avrebbe ricordato per sempre dov'è che avevo sbagliato, impedendomi di commettere lo stesso errore una seconda volta. Sarebbe stato un significativo monito per il mio futuro. Di donna, prima che di studentessa.
Forse, è così che funziona. Le cose belle nascono dalle regole del mondo, quelle che segui scrupolosamente, perché qualcuno ha detto che si fa così, e tu ci hai creduto.
Ma dagli errori, dalle variabili impazzite, dagli inciampi, dagli imprevisti impossibili da gestire, dai nastri che non puoi più riavvolgere, nascono le cose eccezionali. E perché mai dovrei accontentarmi di essere ordinaria quando potrei essere straordinaria?
La magnificenza è figlia illegittima di quella voce che ti arriva un po' appannata - nel silenzio delle notti che sono notti diverse dalle solite notti - e sembra dirti: "E' troppo tardi per tornare indietro". E allora non ti resta che andare avanti. Nonostante tutto. A dispetto di tutto. Da sola. Controcorrente. E mandare affanculo quella voce, in quelle notti che sono notti diverse dalle solite notti.
E la vita è come un quaderno di bambina, pieno di dettati, compiti a casa, pensierini, scarabocchi, macchie di inchiostro. Non puoi cancellarle, e nemmeno dovresti.
Gli errori sono ferite. E le ferite sono buchi che non si rimarginano mai del tutto. Così, il cuore si fa ogni giorno più simile ad uno scolapasta emotivo. Come un rubinetto che perde, e lascia andare via un po' di te, un po' di loro, un po' di tutto.
Mentre scrivo, dalla cucina arriva il profumo della torta appena sfornata. Lo respiro a pieni polmoni. Mi ricorda che sbagliare non è sempre sbagliato. Qualche volta, è la cosa migliore che ti possa capitare.
Me ne sono resa conto solo dopo, infornandola, quando ormai era davvero troppo tardi per tornare indietro, e rimediare a quello che si preannunciava essere un disastro culinario, ed un doloroso affronto alla mia autostima.
Così, ho atteso - impaziente - che trascorresse il tempo di cottura e, nel mentre, pensavo a come giustificare quel pasticcio.
Invece, miracolosamente e contro ogni aspettativa, era magnifica, deliziosa, la più buona che avessi mai mangiato.
Da allora, quell'ingrediente l'ho barrato via dalla ricetta. Come quando, da bambina, facevo il dettato, e sbagliavo una parola. Provavo a cancellarla con il correttore bianco perché non volevo restasse la macchia, lo scarabocchio sul candore immacolato del mio quaderno da prima della classe. Ma la maestra, puntualmente, me lo impediva. Mi diceva di tirarci sopra una linea, ed andare avanti.
Il perché di questo insegnamento l'ho capito solo poi, crescendo. O almeno provandoci.
Coprire l'errore con il correttore sarebbe stato come fingere che non fosse mai esistito. Tirarci sopra una linea con la biro blu, invece, avrebbe reso il mio foglio perlaceo più disordinato, e sicuramente meno elegante, ma mi avrebbe ricordato per sempre dov'è che avevo sbagliato, impedendomi di commettere lo stesso errore una seconda volta. Sarebbe stato un significativo monito per il mio futuro. Di donna, prima che di studentessa.
Forse, è così che funziona. Le cose belle nascono dalle regole del mondo, quelle che segui scrupolosamente, perché qualcuno ha detto che si fa così, e tu ci hai creduto.
Ma dagli errori, dalle variabili impazzite, dagli inciampi, dagli imprevisti impossibili da gestire, dai nastri che non puoi più riavvolgere, nascono le cose eccezionali. E perché mai dovrei accontentarmi di essere ordinaria quando potrei essere straordinaria?
La magnificenza è figlia illegittima di quella voce che ti arriva un po' appannata - nel silenzio delle notti che sono notti diverse dalle solite notti - e sembra dirti: "E' troppo tardi per tornare indietro". E allora non ti resta che andare avanti. Nonostante tutto. A dispetto di tutto. Da sola. Controcorrente. E mandare affanculo quella voce, in quelle notti che sono notti diverse dalle solite notti.
E la vita è come un quaderno di bambina, pieno di dettati, compiti a casa, pensierini, scarabocchi, macchie di inchiostro. Non puoi cancellarle, e nemmeno dovresti.
Gli errori sono ferite. E le ferite sono buchi che non si rimarginano mai del tutto. Così, il cuore si fa ogni giorno più simile ad uno scolapasta emotivo. Come un rubinetto che perde, e lascia andare via un po' di te, un po' di loro, un po' di tutto.
Mentre scrivo, dalla cucina arriva il profumo della torta appena sfornata. Lo respiro a pieni polmoni. Mi ricorda che sbagliare non è sempre sbagliato. Qualche volta, è la cosa migliore che ti possa capitare.
domenica 5 febbraio 2012
Succede quando nevica.
... ho sempre avuto paura di perdere le persone che amo. Ma talvolta mi chiedo se qualcuno ha paura di perdere me.
sabato 21 gennaio 2012
Improvvisa parentesi emozionale.
Avevo quattordici anni. Quindici al massimo. Ero in terza liceo e l'insegnante di inglese ci assegnò un compito preciso: scrivere una poesia sulla persona più importante, in assoluto.
La mia poesia, recitava così.
"Esiste un uomo, a questo mondo, il cui sguardo, umile e sincero, comunica molto più di quanto possano fare mille parole.
Sul suo volto, talora un po' crucciato, inizia ad affiorare qualche ruga.
Indossa abiti modesti, mai appariscenti.
Ogni dì, al levar del sole, prima di andare a lavoro, da' un bacio ai suoi figli e raccomanda loro di comportarsi rettamente.
Parla poco. Ascolta tanto.
E' nobile nell'animo, ed è sempre pronto ad aiutarmi.
Asciuga le mie lacrime, e mi sprona ad andare dritta per la mia strada.
Ora è lontano, ma i suoi insegnamenti li porto scolpiti nell'anima".
Sono passati tanti anni da quel giorno. Oggi so che mio padre è umile, si. Ma la sua umiltà nasce dall'incrollabile fiducia in sé stesso, e nei propri talenti.
Le rughe del suo volto non sono solo figlie dell'incedere implacabile del tempo. Sono, assai più probabilmente, la mappa sulla quale è disegnata la geografia della sua storia. Se la guardi bene, puoi leggerci le aspettative disattese, gli errori mai sanati, l'impossibilità di tornare indietro, e cambiare certe cose. Forse non tutte. Forse non troppe. Sicuramente alcune. Sicuramente importanti.
Ogni mattino, assai prima che il sole si stiracchi sornione, e lento faccia la sua regale entrata, da' un bacio ai suoi figli, e le parole che sussurra loro sono le stesse da anni: "Statt' accort'".
Ascolta, si. Ma non sempre. Non incondizionatamente. Se quello che sente non gli piace, fa orecchie da mercante. Certi suoni gli arrivano appannati. Come un'eco lontana, che si confonde nel vuoto, e nel vuoto si perde.
Parla poco. Ma non sempre le sceglie bene, le sue parole. Qualche volta le lancia in aria, come un giocoliere inesperto e, incapace di riprenderle al volo, le vede cadere a terra rovinosamente. Ogni parola caduta ha i contorni perfetti di una ferita. Lascia un buco sul cuore. Il mio.
Mi ha aiutata come poteva, quando poteva, nel modo che reputava essere più giusto. E mi ha spronata a camminare dritta, ogni giorno, tutti i giorni. Ma lungo una strada che, nel tempo, ho scoperto essere più sua, che mia.
La mia strada aveva anche sentieri di ciottoli, viali alberati, un fiumiciattolo da guadare, un lago cristallino in cui bagnarsi, una staccionata bianca - come in certe pubblicità - qualche tramonto, molte albe, vette faticose, curve, dossi, pianure e vallate, comparse, passanti, compagni, amici, amanti, amori.
La sua strada, invece, è un manto, dritto ed in salita, di pece e di asfalto. Non c'è spazio per la fantasia. I sogni sono morti. Investiti da un tir. Quello del cinismo.
Ai suoi insegnamenti ho aggiunto i miei. Ho scoperto che l'anima mia è grande abbastanza per contenerli entrambi.
Lo amo. Più di quanto le parole sappiano dire, o i fatti raccontare. Lo amo più di quanto abbia mai capito. Ma è faticoso vivere per soddisfare le altrui attese. E' lì che fallisci. Inevitabilmente. E' lì che cadi. Provando a danzare ad un ritmo che non è il tuo.
Amare lui non può più voler dire annientare me stessa, o sentirmi in colpa se i suoi sogni non sono anche i miei.
Io volevo solo che mi accettasse così come sono. E non è poi tanto scontato.
Tutti, ma proprio tutti, la volevano. Dicevano. Urlavano. Giuravano. Spergiuravano. Decantavano, in ogni forma, desiderio di lei ed amore incondizionato. Un brulichio di parole bellissime, di quelle che ti toccano il cuore, alle quali, però, seguiva puntualmente una frase: "Non è abbastanza." E lei continuava a rimanere da sola. Lusingata. Bellissima. E sola.
Aveva imparato a bastare a sé stessa. Ma a quale prezzo?
Poi, un giorno, un giorno qualunque, uno fra tanti, arrivò lui e, nel silenzio più assoluto, il silenzio delle cose vere in un mondo difficile, la prese per mano e la portò via con sé.
Da allora, non fu sola mai più.
Se lo raccontava ogni sera, prima di andare a dormire.
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