"La sindrome delle scarpe spaiate". Oppure: "Come sembrare un clown in poche, semplici mosse". Ed ancora: "Quando un atto di maleducazione può salvarti da un'imperitura figuraccia".
Si, perché se questa mattina non avessi poggiato i piedi sul cruscotto dell'auto, mentre Valerio guidava, non me ne sarei mai accorta.
Qualche settimana fa, ho visto, nella vetrina di un negozio, un paio di scarpe di tela. Di quelle basse, con i lacci, e minuscoli fiorellini di campo stampati qua e là. Deliziose. Ho misurato il 37 destro e, poiché andava bene, le ho comprate. E le ho pure indossate. Le ho indossate spesso, in questi giorni. Erano comode, leggere, semplici da abbinare, specie per una come me, che si tuffa alla cieca nell'armadio. Poi, questa mattina, nel traffico cittadino di una Roma agghindata a vento di scirocco, la tragica scoperta. I piedi, appaiati sul cruscotto della Fiat Punto, apparivano visibilmente diversi: la scarpa sinistra misurava 40, invece di 37. Ed io ci sono andata in giro, conciata in questa maniera barbina, senza accorgermi assolutamente di nulla.
E' stato in quel momento che mi è venuta in mente mia madre. Ed una fitta di dolorosa nostalgia mi ha spezzato il fiato.
Da quando abito a Roma, non ho più modo di ascoltarne, quotidianamente, le raccomandazioni. E, sebbene mai l'avrei creduto possibile, mi mancano. Come solo le cose importanti sanno fare.
Perché puoi vivere in tutte le città più fighe del mondo, provare a renderti autonoma, indipendente, culturalmente emancipata, mentre costruisci due o tre sogni. Ma quel: "Hai controllato che siano entrambe dello stesso numero?" non si batte.
Questo fanno, le mamme. Si assicurano che i tuoi passi siano saldi. Poi aprono le mani, lasciano che tu scopra la tua strada, e pregano affinché le buche della vita non scollino le suole. Questo sono, le mamme. Calzolai dell'anima. E del futuro.
Antonia Storace
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