mercoledì 13 maggio 2015

La miglior vendetta è la Felicità

Ieri pomeriggio, uscita dalla metro, percorro la strada che porta a Piazza Re di Roma e sento una donna urlare, seduta su uno scooter, ai lati del marciapiede.
"Perché sei uno stronzo. Per questo non sono in cima ai tuoi pensieri. Perché sei uno stronzo". Non so cosa le avesse detto esattamente il presunto stronzo, però, giuro, avrei voluto mettermi al suo fianco ed urlare al telefono con lei. Forse non ce n'era ragione. Forse lui è una bravissima persona e lei una tritapalle di professione, come solo certe donne sanno essere.
Eppure è bastata quella frase, e la veemenza ferita con la quale l'ha sputata fuori dai denti, a riportarmi indietro con la mente di due anni.

Sembrava un sabato mattina qualunque. Pasqua era passata da poco. Ero andata in palestra ed avevo incontrato un ragazzo che io, ed il mio fidanzato di allora, conoscevamo piuttosto poco e solo perché ci allenavamo in sala alla stessa ora, negli stessi giorni. Non sapeva neanche che stessimo insieme. E alla sua ignoranza, oggi, devo dire grazie.
Ci scambiammo qualche frase di circostanza e lui mi raccontò che, la sera prima, era stato a cena a casa di un amico, insieme con la sua fidanzata. Poi, spontaneamente ed ignaro di tutto, aggiunse la frase che avrebbe cambiato la mia vita per sempre: "C'era anche X. con la sua ragazza".
La sua ragazza. Così disse. La sua ragazza. E poiché io a quella cena non c'ero andata, mi parve tristemente evidente che stesse facendo riferimento ad una fanciulla che non ero io.

Le immagini successive a quel momento sono lontane, sfocate, irreali a tratti. Ma una cosa la ricordo bene: quasi correvo per strada, urlando come una pazza.
"Stronzo, pezzo di merda, figlio di puttana, ficcati sto maledetto telefono nel culo e non azzardarti a chiamarmi mai più. Hai capito? Mai più!!".
La gente mi guardava come fossi scema. E dovevo esserlo davvero, a quel tempo. Per quale altro motivo, altrimenti, una come me, dotata di un cervello pensante, poteva stare con un ragazzo di 28 anni che spendeva, ogni mese, mediamente, 400 euro per le punture di botulino agli angoli degli occhi? Il tempo che avrebbe potuto passare a scoparmi, lo impiegava andando puntualmente al centro estetico per la manicure e la cera.
Lui era un cerebroleso, certo. Ma manco io scherzavo a stare con una tale sottospecie di maschio. E a soffrirci, per giunta. Perché io per 'sto coglione ci soffrivo. Capiamoci bene. Ho trascorso notti insonni. Ho pianto tutte le lacrime del purgatorio. Ho domandato a me stessa, fino allo sfinimento, cosa diavolo avessi di sbagliato. E nulla, assolutamente nulla, è stato liberatorio come mandarlo a fare in culo ad alta voce, così che il messaggio arrivasse chiaro e tondo prima a me, e poi a lui.
Quando sono tornata a casa, ho tagliato la scheda del cellulare e l'ho buttata nel cesso, dove avrebbe meritato di essere ficcata pure la sua faccia da stronzo. La stessa che botulino e costosissime creme antirughe non erano riuscite a rendere meno simile ad un coglione.
Oggi lui sta ancora con la ragazza con la quale mi tradiva. Quella "semplice da gestire". Così la chiamava. Non ce l'aveva un nome, 'sta poveretta. Lei era la "Signorina semplice da gestire". Ora, Mister Botulino e Signorina Semplice da Gestire sono finiti nel mio libro, e forse neanche lo sanno. Non credo abbiano mai letto un libro in tutta la loro vita, a dire il vero. Ed è fighissimo, se ci pensate: ho preso tutto il male che mi aveva fatto, e l'ho portato sugli scaffali delle librerie.
Chi è che diceva che la felicità è la miglior vendetta?

6 commenti:

alpexex ha detto...

sono arrivato a meta', alla storia del botulino etc etc. mi è venuto in mente quel tale che passando in bici, sotto la pioggia, parlava al telefono, anzi urlava "SEI UNA PUTTANA, E' PERCHé SEI UNA PUTTAAAANAAA". io e i miei amici ci eravamo riparati sotto una tettoia, la citta' si allagava, e quello pedalava lento, ombrello in una mano e telefonino tra orecchio e spalla. la gente non sta bene. del resto andare in palestra mi pare di suo un fatto discretamente assurdo. capirei se si montassero delle dinamo dentro gli attrezzi e si alimentasse un palazzo di energia elettrica. ma cosi', e' davvero un fatto sconcertante. il segno evidente della mancata congiunzione tra le persone e loro stesse. l'ennesinma prova del fatto inconfutabile che... la gente non sta bene.

Anonimo ha detto...

Smettila di parlarne in questi termini, sembri "quella che rosica". Comunque se sei stata con uno di 28 anni che si faceva di botulino di sicuro avevi dei gusti un po' di cacca. Senza Offesa eh.

Antonia Storace ha detto...

Avevo dei gusti fuori dalla grazia di Dio, somo d'accordo con lei. Ciò non di meno, chi ha il sospetto ha il difetto. Se lei vede invidia nelle mie parole, è perché è un sentimento proprio della sua persona e tende a rifletterlo nel mondo intorno. Io ci vedo rivalsa, capacità di convertire il dolore e trasformarlo in qualcosa di produttivo. Un libro, nel mio caso specifico. Ma vale, in generale, per chiunque sappia prendere il veleno e convertirlo in medicina.
In ogni caso, nessuna offesa. La prossima volta si firmi però. Io ci metto la faccia come chiunque abbia il coraggio di esprimere davvero, fino in fondo, ciò che pensa.

Donna A ha detto...

Sei andata immediatamente sulla difensiva non appena ti ho detto che potresti sembrare "quella che rosica" e forse un po' ho colto nel segno. In realtà voleva essere un consiglio. Continuare a ripetere nel testo "quella più gestibile", da una parte reitera quello che, a tuo dire, sarebbe stato il suo (di lui) giudizio, o pregiudizio, nei confronti della sventurata che, ahimè, ancora sta col botulinico. Dall'altra lo sottolinea sperando, incosciamente (o consciamente) che l'altra legga il giudizio sminuente nei suoi confronti, che sia chiaro che non è il tuo, tanto è vero che citi, testualmente e tra virgolette, lui. Questo per me equivale a volere ancora battere sul punto dolente. Da donna incappi nel nostro (di noi donne) errore di sempre, quello di voler a tutti costi ribadire quanto si sia meglio noi, dell'altra, "quella più gestibile", sottolineandone e ribadendone il giudizio negativo maschile. La colpa, se vogliamo attribuire una colpa, la devi dare a lui che ha sfruttato due persone, che, a mio avviso, erano entrambe gestibili, o meglio ingenue e innamorate, visto che ha tenuto il piede in due scarpe tranquillamente, e a te stessa, perché di norma le colpe stanno da entrambe le parti. Poi, è encomiabile che tu trasformi un qualcosa di negativo, in positivo, ma allora fallo sul serio, passa oltre. "Non ti curar di loro" direbbe qualcuno. Il fatto che io non mi firmi, cambia poco. Se usassi un profilo qualsiasi non ti direbbe nulla di me.
In ogni caso aggiungo che ho continuato a darti del tu perché sei decisamente più giovane di me, tu invece mi dai del lei 'difensivo' e di distacco, cosa che non fai con altri. Insomma se ti ho procurato fastidio, me ne dispiaccio, ma, ribadisco, mettici una lapide sopra e basta. Continua a sorridere, ché sei bella. Tanto basta per far rosicare gli/le altri/e.

Antonia Storace ha detto...

"Smettila di..." non suona come un consiglio. E', piuttosto, un imperativo categorico.

"L'altra" non potrà mai, in nessun modo, leggere il suo - di lui - giudizio svilente, dal momento che non sa nulla della mia esistenza, neanche la immagina. Non c'è alcuna intenzione, conscia o inconscia, di arrivare ad una ragazza che è solo una vittima. So chi è, so come si chiama, avrei potuto contattarla da più di due anni, ma ho scelto scientemente di non farlo perché non ho nessuna intenzione di intromettermi in qualcosa che non mi appartiene più. Questo, però, non mi impedisce, se e quando ne ho voglia, di ironizzare, ricordare e raccontare, quando un episodio in strada mi riporta alla mente certi fatti, per far sorridere un'amica. Perché è a questo scopo che è nato il testo di cui stiamo parlando. Ovviamente tu non potevi saperlo, appunto per questo resta una tua personale interpretazione dei fatti. Tutto il mondo intorno non è altro che questo. Il risultato delle nostre intime interpretazioni. Le significazioni personali che attribuiamo a ciò che vediamo, leggiamo, ascoltiamo o viviamo. Ma la significazione è un conto, l'oggettività un altro.
Resto comunque molto d'accordo sulla necessità di passare oltre, come diceva Dante.

Il "lei" non era un modo per mettere le distanze. Ancora una volta attribuisci a me pensieri che sono tuoi soltanto. Il primo messaggio era "Anonimo", senza nick e senza firma. Non sapevo, e non potevo immaginare, se fossi uomo o donna. Dunque, il "lei" era, semplicemente, indicativo di educazione, a fronte del fatto che non sapevo con chi stessi parlando. E non è vero che mettere nome e cognome non è indicativo di nulla. Sei certamente libera di non farlo, questo è ovvio. Non ci sono obblighi. Ma saperci mettere la faccia è sempre un altro paio di maniche, un modo diretto di guardare l'altro negli occhi - sia pure metaforicamente in questo caso - e dire: "Io sono questa, penso questo e te lo dico apertamente". Almeno a mio modo di vedere le cose.

Un sorriso,
Antonia

Lisaveg ha detto...

Ciao Antonia!E' tantissimo che non passo per i blog...Vorrei chiudere il mio che è lì latente,poverino,da anni e non ho ancora capito come si fa...:D
Simpatico il post...Il tipo col botulino mi ha lasciata quasi allibita :D 28 anni...mammamia... Cmq,siamo sempre diversi,nell'arco della vita cambiamo,maturimo,ci evolviamo(anche se tanti si involvono..:P).All'epoca ti andava bene così,adesso magari ti rendi conto che a 28 anni uno che si fa il botulino ha qualche problemino,però quella volta l'avevi accettato così.Diamo sempre il meglio di noi in ogni situazione;quando questa è passata,ci diciamo che potevamo fare meglio.Ma non è così!in quel momento avevamo dato il nostro massimo.Nel tempo siamo cambiati,migliorati e il nostro metro di misura si è accresciuto da quella volta,percui siamo convinti che dovevamo fare di più,senza pensare che il metro di quel periodo passato era inferiore ad ora...
Cmq,simpatico! ^_^
Lisa