lunedì 31 marzo 2014

Guardavo la Primavera oltre l'ampia vetrata, e mi pareva ancora vestita d'Autunno. Eppure non c'erano dubbi. Il calendario - almeno quello - non mentiva: Primavera era ormai da giorni. L'avevo sentita nascere anche al centro del mio cuore malandato sebbene, con la stessa follia della coda di Marzo, mi ostinassi a dissimularla, ammantandola di foglie caduche, vento freddo e rami incerti. Avevo paura di fiorire, paura del prossimo inverno, paura che arrivasse assai prima di Dicembre. Mi coprivo. Per quasi due anni, m'ero sentita come quella cintura di Hermès. L'aveva pagata 670 euro, mi pare. Poco più o poco meno, non importa. 670 euro per un arnese che, in buona sostanza, era stato creato per ottemperare all'ingrato compito di tenere su il cavallo dei pantaloni. E poiché, dentro quei pantaloni, di palle ce ne erano assai poche, non era neppure necessario che fosse resistente: leggero il peso, esiguo il compito. Un mero orpello di vanità, e di tarocca bellezza. Seicentosettanta euro per una cintura che non aveva mai indossato, e che pure era rimasta intatta dentro un armadio. "Non voglio rovinarla", mi diceva: la sacra sindone delle passerelle. Come se l'unico modo per proteggere le cose preziose, fosse quello di non viverle, invece che imparare a trattarle con cura. E' bella la parola "cura". E' bella, e fa paura. Gli antichi etimologisti la ricongiunsero al termine "cor": cuore. Maneggiare con cura, equivale a toccare col cuore. Curare è la declinazione concreta del verbo amare. Dopo quasi due anni, mi accorgevo di essere stata trattata al pari di una striscia di cuoio per le brache. M'aveva voluta ad ogni costo e, a costo di un prezzo molto alto - che, in verità, io soltanto avevo pagato - mi aveva ottenuta. Si era però guardato bene dal prendermi veramente. Come un gioiello prezioso, la cui luce t'acceca, ma al quale non ti avvicini mai troppo, per paura di romperlo. Perché sapeva - Dio se lo sapeva! Io soltanto lo ignoravo - che m'avrebbe rotta se mi avesse presa. "Le persone speciali hanno bisogno di mani speciali", ho letto una volta. Le sue, non lo erano. Ora, io inciampavo nello stesso errore. Temporeggiavo; evitavo di espormi; l'alba di nuovi orizzonti nasceva e, per larga parte del tempo, trovava i miei occhi girati nella direzione opposta. Dovevo scegliere se mettermi di nuovo in gioco - con una posta in palio assai diversa dal mio passato - oppure correre il rischio più pericoloso di tutti: permettere al pendolo delle emozioni di fermarsi. Infondo, sapevo bene cosa avrei fatto.

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mercoledì 19 marzo 2014

Ti amo papà

Ti amo Papà. Perché siamo identici in tutto. Carattere forte e cuore di burro. Ti ho amato un po' meno quando mi hai detto: << Prova. Rischia. Sbaglia. Soffri, laddove fosse necessario. Se non avrai paura del dolore, il dolore avrà paura di te. Non esiste altro modo per crescere, e crescere dritti >>. Solo oggi capisco, papà. Solo dopo aver provato, rischiato, sbagliato, sofferto, ed essermi affrancata dal dolore. Spero di non averti deluso. Ti amo quando ridi con gli occhi. Perché, nei tuoi, ritrovo i miei stessi occhi. Ti amo quando non parli, Papà. Poiché da te ho imparato che il silenzio ci libera dal superfluo, educandoci alla bellezza potente delle parole scelte con cura. Per amare. E per ferire. Ti amo Papà. Perché mi hai insegnato che l'ironia è disarmante, la cultura fondamentale, l'intelligenza un privilegio che, talvolta, esige il suo prezzo da pagare. Il coraggio di saldarlo, ci qualifica come persone. Ti amo Papà. Ed il petto mi si gonfia di orgoglio quando qualcuno mi dice : << Sei identica a tuo padre >>. Ti amo perché, prima di amarti, ho dovuto combatterti, farmi libera dal tuo amore che pure, qualche volta, sentivo troppo stretto, nel suo naturale tentativo di proteggermi. Ti amo perché, prima di amarti, ho dovuto vedere l'uomo dietro il padre. Ti ho letto le rughe, papà. I solchi sulle mani, le spalle dritte, la mascella serrata. E, leggendo te, ho imparato a leggere il sogno di quei libri verso i quali mi hai spinta sempre, affinché non sprecassi il talento di cui il tuo sangue mi ha designata erede. Ti amo Papà perché, prima di amarti, ho dovuto farmi figlia. E figlia degna. Di quella schiena che per il mio crescere si è piegata, nelle mattine troppo stanche di un lavoro che ti spezza. Ti amo e, prima di amarti, ho vanificato i tuoi sacrifici di fatica e di sudore, contestato le tue scelte, gli spigoli vivi del tuo carattere e, finalmente, compreso quanto, in quel carattere, ci fosse larga parte del mio Destino. Ti amerò ancora di più il giorno in cui sarò genitore anch'io. Allora sentirò quello che sentono i padri quando diventano padri.

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martedì 4 marzo 2014

Gli uomini, i budini e le terme

Mi ci sono voluti quasi 28 anni per capirlo. Un paio di calci in culo ben assestati. Qualche incubo di troppo. Gli uomini si dividono in tre categorie. I "maschi budino". Quelli emotivamente molli come la gelatina che ti rifilano negli ospedali americani. Flaccidi. Inconsistenti. Torbidi. Che ci puoi guardare attraverso, senza però vederci mai veramente chiaro. Provi ad afferrarli, e scivolano via. Forti della loro natura, sempiterna e viscida, dicono di volere una Donna al loro fianco. In molti casi, sono addirittura convinti di avercela già avuta. Se ne incontrano una vera, però, a stento sanno riconoscerla. E, pure quando ci riescono, scappano via così veloci che, a confronto, Speedy Gonzales gli fa' na pippa. I "maschi saturnia". Come mi ha insegnato un'amica. L'equivalente spoetizzato del Caronte dantesco. Ti traghettano da una storia importante, con uno stronzo, ad una nuova storia importante, probabilmente con un altro stronzo. E, nel mentre, ti rimettono in sesto. Meglio di un fine settimana alle terme. Sono belli, colti, affascinanti, sanno attizzarti e scopano magnificamente. Corteggiatori vecchio stile, allupati dentro un letto, brillanti conversatori a cena, non sfigurano davanti agli amici e si ricordano sempre di versarti il vino. Ti fanno arrivare a ripetizione. Ma loro non arrivano. Al tuo cuore. Non arrivano. Rappresentano un felice passatempo per quelle donne ( Dio le benedica!! ) che rifiutano l'ancestrale, e rompicoglioni, retaggio culturale che le vuole sante virginali, o puttane senza speranza. Usano il loro corpo con serenità, libere da finti moralismi bacchettoni - certe volte più lascivi del sesso lascivo - e forti di una testa pensante. Ma col cuore ancora troppo ammaccato per lasciare che un nuovo amore ne varchi i confini, vincendone le resistenze. Poi, ci sono gli Uomini. Cioè. Gli Uomini Uomini. Capiamoci bene. Li riconosci facile. Sono quelli che amano. Semplicemente. Amano. E sanno Amare. Senza scuse. Perché la semplicità è la forma della vera grandezza.

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